“We think there are limits to the dimensions of fear. Until we encounter the unknown.
Then we can all feel boundless amounts of terror.”
― Peter Høeg, Smilla’s Sense of Snow
Tempo fa,durante una tourneè in Danimarca, lessi “Il senso di Smilla per la neve” di Peter Høeg.
Me ne innamorai, mi innamorai dell’atmosfera scandinava del romanzo. Anche di altro scandinavo, ma quella è un’altra storia, un altro post 🙂
Mi affascinava soprattutto la coltre bianca di neve che permeava il romanzo, i sentimenti dei protagonisti, le loro azioni, il modo di agire definito e scolpito dalla neve e la sua forza.
Forza che immaginavo, ma che non avevo mai vissuto pienamente nella quotidianità.
Il peggio di quel genere era stato andare a cantare in vestito da sera e doposci, arrivare in camerino e indossare le scarpe appropriate, lasciando i doposci all’ ingresso in un apposito guardaroba (Oslo,1999).
Niente di drammatico. E niente di drammatico leggerete in questo post, state tranquilli.
Ma quest’anno è cominciato con la conoscenza da vicino di questo fenomeno, e credetemi…devo ancora riprendermi.
Sognavo le mie vacanze natalizie, il calore della mia famiglia, dei miei amici, del mio mare.
IL CALORE, appunto.
Ecco, già dal freddo pungente quasi glaciale, avrei dovuto capire che qualcosa sarebbe andato storto.
Un freddo da neve,
3 giorni alla partenza, si cominciano a fare i bagagli,
Parcheggio la mia auto a noleggio al solito posto nel centro storico, e penso, non la muoverò più fino alla partenza.
Si va benissimo a piedi, e poi…3 giorni volano in un attimo.
Il giorno dell’Epifania il freddo e’ intenso e il dramma comincia. Comincia a fioccare neve, neve e ancora neve.
È bella la neve,è morbida e abbellisce le stradine. Si sentono voci di bimbi giocare felici, Lia è estatica.
Che bello.
Tarda mattinata e nevica.
Usciamo per goderci la neve, l`uscita dura pochissimo, perchè il freddo, la neve a fiocchi ci mettono subito K.0.
Non siamo equipaggiate, io e Lia, le gambette da bimba di 6 anni sono completamente bagnate e fredde.
Quindi torniamo dentro, e mi dico: “Smetterà , domani si parte”.
Non abbiamo TV, nè internet per scelta. Nessun modo di avere notizie su quando finirà , se finirà.
Dormiamo nel grande lettone, mentre fuori, nevica.
La pace dura poco, non riesco a dormire e non c’entra che sono le 17.00 del pomeriggio
L’ unico, impellente pensiero è quell’ auto a noleggio parcheggiata comodamente vicino casa mia.
Comodamente, non fosse che è situata all`inizio di una strada, la cui uscita possibile è solo in fortissima discesa.
Come fare? È sera e continua a nevicare.
Mi armo di coraggio e in serata usciamo a fare un’ispezione.
Aprire la porta e uscire dalla corte è già un’impresa, ma quello che mi aspetta arrivata all’auto è peggio ancora.
La macchina è sepolta, la neve cade, il freddo è pungente,e il tentativo di spostarla, seppure di un centimetro,fallisce miseramente. Arranca, slitta,si spegne. Un rumore sordo,e poi niente altro.
In giro, nemmeno un’anima viva .Per strada. io e una seienne infreddolita che si lamenta del ditone gelato.
Torna a casa con fatica, e lì mi sale il panico. Non riuscirò a spostare la macchina. Perderò l`aereo. Rimarrò bloccata,io, le mie due valigie pesanti intrasportabili a piedi in mezzo a questa neve e una bimba piccola.
CLAUSTROFOBIA
Continua a nevicare, la porta è per metà coperta e mia figlia fa conoscenza con un lato inedito della mamma :impotente, debole, spaventata,non in controllo della situazione, arrabbiata, in lacrime. Eh, figlia mia, la vita è anche questo, non posso essere sempre Ercolina-sempre-in-piedi.
Prendo atto che ognuno è solo sul cuor della terra.
Per circostanze, per distanze, per emergenze, per disinteresse.
Certo,potrei chiamare la pletora di amici/parenti/benefattori, ma a che pro? Tutti sono tappati in casa, tutti credo con lo stesso sentimento di impotenza. E poi, preferisco cavarmela da sola, ma stavolta credo che sarà impossibile.
E continua a nevicare,
La notte scorre insonne con la preoccupazione del giorno dopo, la consapevolezza che sul solaio la neve si ammucchia inesorabile e Dio che danni potrebbe fare, la scarsa conoscenza del fenomeno, e un senso enorme di isolamento e solitudine. Solo il respiro di mia figlia che dorme, beata lei serena, riesce a calmarmi.
Come Dio vuole arriva il giorno dopo, alle 6.30 io e la mia mini-assistente siamo alla macchina.
Niente, peggio di ieri. Neve, neve e altra neve. Il carro attrezzi della Europcar dice che non verrà causa maltempo e impraticabilità del centro storico. . Provo, riprovo, mi arrendo.
Intorno a me il silenzio, occhi che guardano da dietro le tendine dei “sottani”, ma che giammai interverranno.
La conosco questa gente, questi sono quelli che nonhovistoniente, quelli che micaelamacchinamia, quelli che checentroiochiamasseilmarito. Sono quelli che si voltano dall’altra parte anche in situazioni più gravi,e anzi ne approfittano per tirar giù secchiate di neve dai terrazzi noncuranti di chi è sotto, perchè i terrazzi quelli si che sono roba loro.
Torno a casa sconfitta, e lì comincia un andirivieni di telefonate,soluzioni, proposte, non soluzioni, conferme, smentite.
Nessuno può aiutarmi, nessuno è in grado, nessuno lo farà.
Il volo è in ritardo, è cancellato, l`areoporto è chiuso fino ad ordine contrario.
Il volo è spostato a lunedi senza costi aggiuntivi (grazie #Alitalia! la prossima volta che qualcuno parla male della compagnia di bandiera, gli sputo in un occhio).
L’ auto rimane dove è (Fantastico #Europcar, way to go, propositivi ed efficienti come una scatoletta di gelatina scaduta) e Dio solo sa come farò a tornare a casa.
Sono bloccata. Il mio solo contatto col mondo esterno è il telefono, da usare con parsimonia, perchè ovviamente non posso ricaricarlo. Il telefono con un paio di contatti utili, semplici, interessati.
Il morale è a terra. Anche Lia non vuole giocare più nella neve,ha troppo freddo, the fun is gone.
La mia casa ha dei muri spessi e umidi, che niente riesce a riscaldare, tantomeno i patetici split da casa di vacanze.
L’ unica è rimanere a letto, evitare i perditempo telefonici macomestate comeesuccesso poveralia blablabla, e dormire, dormire più possibile. Abbraccio Lia e le dico, che si, ne usciremo, ostentando una sicurezza spudorata che manco Meryl Streep nella sua migliore interpretazione. Ercolina is back.
ADDA` PASSA LA NUTTATA.
Il giorno è Domenica, si riparte con entusiasmo si fa per dire e l’obiettivo è uno: risolvere il problema. Andare a casa DOMANI.
Torniamo, io e mini Ercolina in ricognizione alla macchina.
Oggi non nevica,ma peggio: la stradina è piena di ghiaccio.Spalata si, ma ammesso che la macchina si schiodi dal parcheggio senza slittare, ammesso che riesca a mettermi sulla stradina, guidare senza catene sul ghiaccio in discesa fino alla porta di uscita del centro storico è un suicidio.
Realizzo il tutto lucidamente stavolta, in compagnia del solito pulitore di terrazzo che getta quintali di neve addosso a chi è sotto, il solito manipolo di uomini che stanno a guardare, i soliti, gli omertosi, i lamentosi, quelli che dovestailsindaco e poi non hanno le palle necessarie per muoversi di 2 metri e dare una mano. Quelli che le donne gli hanno risolto la vita, ed infatti è una donna l`unica che mi offre di spalare la neve. Grazie signora, le dico io, mi arrendo.
#Europcar bye bye, il tuo car assistance trevigiano è sull’ orlo di una crisi di nervi e quindi…bye bye.
La mia scommessa è locale.
Si lo so, vi ho appena descritto la fauna levantina del centro storico, che possiamo fare tante passeggiate, enoteche, gallerie, ma se il DNA civico di questi signori non cambia, meglio una bella arma di distruzione di massa e addio, impiantiamoci un’altra razza in mezzo ai monumenti stupendi.
No, la mia scommessa sono l’ altro lato della mia gente, quella che fa di necessità virtù. So che il mio problema è piccolo rispetto all`emergenza che a questo punto è chiaro che è straordinaria, ma tentiamo.
Il vigile al telefono non ha soluzioni,ma contrariamente ai trevigiani, si ingegna. Mi manda a parlare con il Comandante che è, Inshallah, a 20 metri dalla mia auto. Infatti è li`, sulle scale del Teatro, a spalare con gli spalatori. Volevate sapere dov’era il Sindaco quella mattina? Pure lui, là (soddisfatta la vostra curiosità motherf…s?).
Mi riconosce, sul suo viso tutti i problemi del mondo in questo momento, che vabbè che sono vigili ma non sono Padre Pio e una cosa così non si era quasi mai vista, ma ascolta il mio problema e mi offre una possibile soluzione. Chiama lui stesso, col suo telefono, il tipo locale esperto di recuperi auto. Chissà. E poi mi augura buona fortuna e torna dagli spalatori.
Ecco, il prossimo che mi parla male di quest`uomo,lamentandosi dell’inettitudine, del non far nulla, lo sputo in un occhio 2. Mi riprometto di invitarlo il Comandante ad un mio spettacolo se mai, mai, mai, mi ricapiterà di esibirmi a 50 metri dalla mia casa di vacanze (questo è argomento di un altro post) e di dirgli il grazie che quel giorno, irrigidita dal freddo, dalla paura e dalla necessità di essere forte per mia figlia, ho dimenticato di dirgli. O addirittura lo farei volare qui spese pagate, per quanto gli sono grata.
Il tipo arriva e prende in mano la situazione da professionista qual’e`. Sarà difficile, dice, ma proviamo,
Ecco le risorse della mia gente, la flessibilità , il non arrendersi.
A retromarcia, con l’ aiuto di altri, usando metodi di guida a me totalmente sconosciuti ,libera la macchina da questa gabbia dorata e pericolosa che è il centro storico. È professionista, è locale, è uomo. Riesce nell’ impresa. La macchina viene montata su un carro attrezzi, che il giorno dopo mi porterà all’ areoporto con le mie valigie pesanti e mia figlia. Accordi sono presi, il servizio è retribuito (soldi benedetti) e l`arrivo di mio fratello sul luogo finalmente mi fa capire che è finita, che domani a quest’ora sarò in volo. E` finita.
Tralascio sul mio arrivo all`areoporto, sull’ ennesimo fallimento del customer care di EuropCar, incompetente, impaziente, e maleducato (tralasciando anche il fatto che a monte, se il vostro carro attrezzi non viene….come devo fare? Mettere le ali alla macchina? O chiamare Batman?).
Arrivo ad Amsterdam, e tiro un sospiro di sollievo. Non mi importa di eventuali valigie perse, non mi importa di ritardi. Voglio andare a casa e dormire e levarmi di dosso sto freddo, sta neve.
Il giorno dopo Amsterdam mi accoglie cosi’ :
Vabbe’.
Nei giorni dopo leggo e assisto alla tragedia dell’ Abruzzo, e nel mio piccolo, rivivo il mio , di piccolo incubo.
Non mi sono ancora ripresa.
“In qualche modo è come quando avevamo diciassette anni. Crediamo che la disperazione ci bloccherà completamente, ma non lo fa, si incapsula in un punto scuro da qualche parte dentro di noi, e costringe il resto del sistema a funzionare , a occuparsi di cose pratiche che forse non sono importanti ma che ci tengono in movimento, garantendo che in qualche modo siamo vivi.”
― Peter Høeg, Smilla’s Sense of Snow
Mentre qui ad Oslo stiamo senza …..
Cara Vera, come è cambiato tutto! Ricordo la mia prima volta ad Oslo e la prima volta che ho visto la neve vera…non lo dimenticherò mai. spero di vederti presto carissima!